Il tema è rilevante per tutte quelle famiglie e individui che, qualche anno dopo aver comprato casa, si ritrovano da parte un “tesoretto”, frutto magari di risparmi accumulati nel corso della vita lavorativa, di disinvestimenti straordinari (per esempio la dismissione di un immobile), di un lascito ereditario o di una vincita.
Nel seguito, il tema viene trattato cercando di dare alcuni spunti di riflessione; in particolare, si dovrebbero prendere in considerazioni 2 variabili al fine di poter decidere in maniera corretta se c’è convenienza nell’estinguere il mutuo anticipatamente.
L’assunto di base è che il “tesoretto” in questione sia una somma “aggiuntiva” rispetto alle ordinarie esigenze di vita della famiglia o dell’individuo, un capitale che non si prevede di spendere per le ordinarie necessità.
La prima variabile da valutare è il tasso di interesse applicato contrattualmente al mutuo, rapportato al tempo. Il tasso nominale è tanto importante quanto importante è lo stato di avanzamento del piano di rimborso (ammortamento) rispetto alla durata totale del finanziamento (e quindi al capitale residuo).
Nei mutui con ammortamento francese, la formula più diffusa in Italia, la rata è costante per tutti i periodi di pagamento, ma la quota degli interessi è decrescente rispetto alla quota capitale che, al contrario, è crescente nel tempo. È evidente, perciò, che più si va avanti nel piano di rimborso, più gli interessi da pagare alla banca sono minori, rendendo di conseguenza meno conveniente l’estinzione anticipata del mutuo.
Esempio – Cinque anni fa, nel maggio 2018, si contraeva un mutuo fondiario di 50.000 euro, tasso fisso finito dell’1,8% (stima allineata ai tassi medi del periodo), di durata trentennale. A fronte di una rata costante di circa 180 euro al mese, il mutuatario verserà alla banca a scadenza del rimborso circa 14.750 euro di interessi; gli interessi registreranno un massimo di 75 euro nella prima rata e di € 0,27 nell’ultima rata. Oggi, dopo cinque anni di rate, la spesa è stata di circa € 4.200 di interessi (il 29% del totale interessi passivi sul mutuo) mentre il capitale rimborsato è stato di circa € 6.600 (il 13% del capitale richiesto per il mutuo).
Ipotizziamo, invece, di aver ricevuto un’eredità monetaria di € 50.000 e di voler valutare l’ipotesi di rimborsare totalmente il debito residuo. Il risparmio sugli interessi passivi sarebbe nell’ordine di circa € 10.500 e giustificherebbe una eventuale scelta di estinguere il mutuo. Attenzione alle eventuali clausole di penali da pagare all’intermediario creditizio nel caso di estinzione anticipata, possono impattare negativamente sull’efficienza economica della strategia.
La seconda variabile è da valutare in rapporto a quanto renderebbe lo stesso “tesoretto” se la somma, invece di essere impiegata per chiudere il mutuo, fosse investita diversamente.
Nell’attuale contesto del mercato dei tassi, i rendimenti degli strumenti finanziari più “sicuri”, quali i titoli di stato, sono particolarmente allettanti e invitano certamente ad una ulteriore riflessione.
Su un orizzonte temporale di lungo periodo, selezioniamo nel seguito un paio di titoli di stato con data di scadenza pari alla durata del mutuo residuo (25 anni):
- un Buono del Tesoro Poliennale (BTP), tasso fisso 3.45% annuo, scadenza 01/03/2048, prezzo di mercato ai primi di maggio 2023 intorno a 86;
- un Bonos (titolo di stato spagnolo), tasso fisso 2.70% annuo, scadenza 31/10/2048, prezzo di mercato ai primi di maggio 2023 intorno a 82.
Ipotizzando di allocare il capitale di € 50.000 nell’acquisto di uno dei 2 titoli governativi sopracitati e di portarlo a scadenza, abbiamo come tasso di rendimento (fiscalmente netto):
- il 3,91% per l’investimento nel titolo di stato italiano;
- il 3,42% per l’investimento nel titolo di stato spagnolo.
Inoltre, i proventi ricavatii dagli stacchi cedolari potrebbero essere a loro volta reinvestiti e capitalizzati di anno in anno, generando ulteriori interessi.
Tralasciando l’aspetto del reinvestimento cedolare e soffermandoci sul mero confronto dei tassi attivi (investimento nel titolo di stato) e tasso passivo (interessi sul mutuo), l’ipotesi dell’impiego del “tesoretto” nell’investimento finanziario sembrerebbe mostrare una certa convenienza dal momento che il tasso attivo ottenibile prevale sul tasso passivo degli interessi da pagare alla banca. Questa ipotesi vale nel caso in cui gli emittenti dei titoli di stato non facessero default sul debito pubblico.
La convenienza risulterebbe essere confermata anche nel caso in cui si decidesse di allocare il nominale di € 50.000 sul titolo governativo spagnolo. Infatti, in termini di merito creditizio, la Spagna attualmente riveste un grado di affidabilità creditizia maggiore rispetto a quello fornito dall’Italia. Questo è confermato dalle principali agenzie di rating internazionali (es. S&P, Moody’s, Fitch) che assegnano alla Spagna una A e all’Italia una BBB, sono i rating massimi assegnati dalle 3 agenzie appena menzionate.
In conclusione, considerando che il mutuatario ha contratto il debito cinque anni fa in condizioni storicamente positive in termini di tassi fissi applicati ai contratti di mutuo, l’ipotesi migliore sembrerebbe quella di “finanziare” il costo del denaro da pagare alla banca (tasso passivo) con un investimento in titoli di stato che, considerate le condizioni attuali a maggio 2023, offrono opportunità molto invitanti in termini di rendimento. Quindi investendo, ad esempio, in un Bonos spagnolo non solo si andrebbero a coprire i costi degli interessi, ma ci sarebbe anche un margine di guadagno per il risparmiatore. Un margine che può risultare più cospicuo computando le detrazioni fiscali sugli interessi passivi da mutuo per la prima casa (il 19% su un massimo di detraibilità annua di € 4.000). I benefici derivanti dell’ipotesi d’investimento supererebbero i benefici di risparmio sugli interessi derivanti da un rimborso integrale del debito.
Nel caso in cui il mutuatario si trovasse molto più avanti nel piano di rimborso, ad esempio rate pagate da 20 anni e vita residua pari a 10, ci troveremmo in uno scenario in cui il costo del debito è stato pagato quasi per la maggior parte del pattuito. La decisione di rimborsare il mutuo comporterebbe comunque un risparmio sugli interessi passivi, seppur minimo, ma in questo caso sarebbe la banca a “felicitarsi” dal momento che si ritroverebbe in una situazione asimmetrica a suo favore con tutti gli interessi ad essa spettanti sostanzialmente già pagati.